09 Mag Prima o poi
Quattro parole su una questione vecchia e banale.
Quattro parole che non so nemmeno se arriveranno al mattino, perché il mio sonno forse non le porterà a compimento.
Tant’è.
Serata con le amiche di sempre.
Il racconto di un’emozionante notte a zonzo in due, fino all’alba.
E intanto una cuccioletta di 3 mesi nella culla che ascolta, suo malgrado, le nostre chiacchiere.
Una frase a fine racconto che dice: ‘Goditi le notti,che io queste cose non le potrò fare più. “
Silenzio.
Una voce nella mia testa ripete all’infinito èveroèveroèveroèveroèveroèveroèvero.
È vero.
Voglio costruire qualcosa e lo vogliamo tutte.
Vogliamo tornare a casa ed avere quella persona che ci apre la porta.
Vogliamo i punti saldi.
Un nido.
Una famiglia.
Prima o poi.
E in questo quadro non è compresa la notte a zonzo.
Le chiacchiere fronte lago aspettando l’alba.
La totale assenza del pensare a qualcuno che non sia tu.
E iniziano le domande.
Almeno per chi di domande se ne fa troppe.
Come la sottoscritta.
Mannaggia a me.
Ho passato tutto il tempo in macchina a pensare, lungo la strada buia che so a memoria dalla mia adolescenza.
Cosa sarà meglio, il tutto, il sempre o la fugace emozione del momento?
Quella che ti fa sentire le farfalle nello stomaco, che più che farfalle son dobermann.
O quel momento fugace vale poco più di un racconto tra amiche?
Davvero poi, quello che costruiremo, cambierà il peso specifico di quello che non si potrà fare più?
Il problema è che chiediamo risposte al cervello che di amore ed emozione sa poco più di nulla.
Dovremmo solo lasciar perdere, evitare i punti di domanda e qualsiasi forma di punteggiatura.
Dovremmo andare e vedere cosa succede.
Dovremmo sentire e non pensare.
Dovremmo dormire e non pensare fino alle 6.00, che poi domani saremo rincoglioniti all day long.
Più di quanto normalmente non siamo già.
Dovremmo.
Dovrei.
Prima o poi.
Quattro parole che non so nemmeno se arriveranno al mattino, perché il mio sonno forse non le porterà a compimento.
Tant’è.
Serata con le amiche di sempre.
Il racconto di un’emozionante notte a zonzo in due, fino all’alba.
E intanto una cuccioletta di 3 mesi nella culla che ascolta, suo malgrado, le nostre chiacchiere.
Una frase a fine racconto che dice: ‘Goditi le notti,che io queste cose non le potrò fare più. “
Silenzio.
Una voce nella mia testa ripete all’infinito èveroèveroèveroèveroèveroèveroèvero.
È vero.
Voglio costruire qualcosa e lo vogliamo tutte.
Vogliamo tornare a casa ed avere quella persona che ci apre la porta.
Vogliamo i punti saldi.
Un nido.
Una famiglia.
Prima o poi.
E in questo quadro non è compresa la notte a zonzo.
Le chiacchiere fronte lago aspettando l’alba.
La totale assenza del pensare a qualcuno che non sia tu.
E iniziano le domande.
Almeno per chi di domande se ne fa troppe.
Come la sottoscritta.
Mannaggia a me.
Ho passato tutto il tempo in macchina a pensare, lungo la strada buia che so a memoria dalla mia adolescenza.
Cosa sarà meglio, il tutto, il sempre o la fugace emozione del momento?
Quella che ti fa sentire le farfalle nello stomaco, che più che farfalle son dobermann.
O quel momento fugace vale poco più di un racconto tra amiche?
Davvero poi, quello che costruiremo, cambierà il peso specifico di quello che non si potrà fare più?
Il problema è che chiediamo risposte al cervello che di amore ed emozione sa poco più di nulla.
Dovremmo solo lasciar perdere, evitare i punti di domanda e qualsiasi forma di punteggiatura.
Dovremmo andare e vedere cosa succede.
Dovremmo sentire e non pensare.
Dovremmo dormire e non pensare fino alle 6.00, che poi domani saremo rincoglioniti all day long.
Più di quanto normalmente non siamo già.
Dovremmo.
Dovrei.
Prima o poi.
– ‘ Ragazzi, mi sposo!’ – ‘ Perché? ‘ B.
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