Le pause

Le pause

Sono mesi che mi sveglio la mattina e come prima cosa penso: ”oggi scrivo”.

Ci credo molto mentre lo dico. Me lo ripeto in diversi momenti della giornata, come fosse un compito da mettere nel planning giornaliero. Planning che io non ho e so a stento come si scrive, ma era per rendere l’idea. Fatto sta che mi convinco, mi dico: ” faccio questo e poi mi metto a scrivere”.

Mi prendo per il culo fino al momento in cui sto lavando i denti prima di andare a dormire: ” ma sì dai, del resto si sa che la notte è il momento più fertile per partorire pensieri, lo faccio a letto prima di dormire”.

Solo che poi non faccio un cazzo.

Non scrivo una riga. Zero.

Non che io abbia il blocco dello scrittore senza essere scrittore, non ho l’incubo del foglio bianco o cose del genere, semplicemente non lo faccio. Non apro nemmeno il pc, rinuncio prima ancora del turbamento eventuale di non avere nulla da dire.

Lo faccio ormai da mesi.

O meglio NON faccio ormai da mesi.

E il tempo di improduttività non fa altro che caldeggiare la voce nella mia testa che ormai vive sussurrandomi frasi motivazionali tipo: ” non sai più scrivere, eh? Non ti ci metti nemmeno perché lo sai che tanto non ti verrebbe nulla di sensato da dire. Sei solo una pigra mollacciona che non ha più voglia manco di fare quello che le piace. Brava! Complimentoni! Inconcludente, vacua, sfaccendata. Continua a lamentarti e a non fare nulla, vedrai, vedrai che vita sfavillante”. Sì, la mia voce interiore è piuttosto prolissa. E autoritaria. Del resto è la mia.

La maggior parte delle volte le do ragione e spreco una buona porzione di tempo ad aggiungere iniquità sul mio conto.

Ma non oggi.

Oggi mi sento di dirle che non è che io non abbia niente da scrivere, è solo che alle volte stiamo in silenzio anche quando vorremmo parlare.

Lo facciamo quasi tutti i giorni.

Diciamo una moltitudine di frasi di circostanza, parole che ci sembra educato, giusto, anche solo bello, poter pronunciare, ignorando completamente tutti gli altri pensieri che aspettano solo di essere tradotti in fonemi.

Non lo si fa con cattiveria o intento, almeno non sempre, è che a volte i pensieri sono aggrovigliati come collane dentro a una scatola, altre li zittiamo ancor prima che ci dicano tutta quella verità che non vogliamo ascoltare.

E allora li traduciamo in silenzi.

Pause.

E non è che le pause abbiano meno peso delle note, anzi, valgono altrettanto.

Peccato che nei discorsi, tutti i nostri non detti, li tradurrà qualcun altro, a sua immagine e a sua immaginazione.

Le pause valgono. Hanno la loro dignità, ma credo che sia tempo di far respirare i taciuti che ho soffocato in fondo alle tasche in questi mesi. L’ ho fatto per paura che non fossero abbastanza significanti, veri, sensati. Per paura di non saperli più dire nel mondo giusto.

Ma chi sono io per giudicare.

Uscite pure.

Tocca di nuovo a voi.

 

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