Fatico

Fatico

Fatico a scrivere.
A pensare
A mettermi le mani dentro la gola, spostare l’ugola e i groppi rimasti a metà, arrivare fino in fondo allo stomaco, lì dove si nasconde il solletico che fa il primo bacio, la professoressa che scorre la penna sul registro prima di interrogare, quel nome sul display del telefono.
Lì dove abita l’amore, la paura, l’emozione, la vertigine.
Non si sa bene il perché.
Domani provo, domani trovo il coraggio.
Oppure, come capita, nel momento meno opportuno usciranno da sole le parole, senza preavviso né appuntamento.
E sarà bello incontrarsi, riconoscersi, rivedersi o sorprendersi.
O forse no.
Lo scopriremo.
Nel frattempo sto seduta su  un treno regionale che fa una tratta sconosciuta a sbirciare le vite degli altri che, al contrario mio, conoscono a memoria i tempi, i ritardi, le aperture delle porte, si salutano tra loro, si conoscono.
Io su quel sedile rigido rivestito di plastica blu continuo il viaggio, lontano.
Loro sul quel sedile sono già quasi a casa.
E mi stupisco sempre di quante cose può essere una cosa sola.

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